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L'associazione zen bodai dojo è membro dell' UBI, Unione Buddhista Italiana

 
Che cos’è un kusen?

Ku significa bocca, sen, insegnamento. Il kusen è l’insegnamento orale dato dal maestro o dal monaco anziano durante la meditazione.
Kusen
 
28 agosto/5 settembre 1999
Campo estivo della Gendronnière
Sessione diretta dal Maestro Roland Yuno Rech

Hyakujo


Sabato 28 agosto 1999, kusen delle 20:30

Quando arrivate alla Gendronnière, arrivando all'accueil, vi si domanda generalmente se volete dormire in camera o in dormitorio, da dove venite, da quale dojo. Non vi si pone la sola domanda veramente importante: perché siete qui? Se si facesse questa domanda si avrebbero sicuramente una gran varietà di risposte. Alcuni vengono spinti dalla curiosità, per scoprire che cos'è lo Zen, alcuni non lo sanno esattamente, altri può essere che vengano per trovare un metodo di benessere. I più anziani vengono semplicemente per praticare.
 
Quando il Maestro Baso fece questa domanda a Hyakujo: "Cosa vieni a cercare qui?", Hyakujo rispose: "Sono venuto a scoprire la verità del Buddha". Allora Baso gli chiese: "Che cosa speri di imparare da me? Perché fai finta di ignorare il tesoro che è rinchiuso nella tua stessa casa? E perché erri così lontano da casa tua?". Allora il giovane Hyakujo, imbarazzato, domandò: "Qual è questo tesoro che io fingo d'ignorare?". Baso gli rispose: "Il tuo tesoro è colui che mi sta facendo queste domande. Tutto è completo in lui. In lui non manca nulla. Le cose che racchiude sono inesauribili, infinite, senza fondo. Allora, come pensi di poter utilizzare liberamente questo tesoro e perché persisti ad errare così lontano da casa tua?". Sentendo queste parole Hyakujo si risvegliò profondamente.
 
Questa sera in zazen, faccia al muro, smettete di errare lontano da voi stessi. Restate nella condizione di essere veramente faccia al muro, smettete di inseguire alcunché. Nella nostra vita passiamo il nostro tempo ad inseguire ogni tipo di oggetti, oggetti di desiderio. Alla fine, quando li otteniamo, ci accorgiamo che essi non hanno poi così tanto valore. Tutto ciò che i nostri desideri inseguono è forzatamente qualcosa di limitato ed infine, deludente. Non perché sbagliamo oggetto, ma perché fuggiamo lontano da noi stessi attraverso i nostri desideri. Sedersi veramente faccia al muro, girare il proprio sguardo verso l'interno, è diventare intimi con il proprio autentico spirito, che non ha bisogno di inseguire alcunché, perché non gli manca nulla. Lo spirito che non misura, non compara, che è semplicemente in unità con la vita di ogni istante.
 
Il Maestro di Hyakujo, Baso, insegnava: "Questo spirito è in sé stesso Buddha e questo spirito è in sé stesso inafferrabile". Quando ci si armonizza con esso, allora si è immediatamente al di là della nozione di spirito o di Buddha. Essere così è il vero tesoro, al di là di tutti i valori. Non siamo noi che lo realizziamo, ma il vero zazen, faccia al muro.

Domenica 29 agosto 1999, kusen delle 7:30

Durante zazen non lasciate che la vostra postura si afflosci: a partire dai reni tirate bene la colonna vertebrale, verticalmente, fino alla sommità del capo. All'inizio di zazen concentratevi sui principali punti della postura: bacino ruotato in avanti, schiena verticale, mento rientrato, spalle rilassate, il taglio delle mani a contatto con il basso ventre, la mano sinistra nella mano destra, i pollici orizzontali. In seguito, una volta assunta la postura, è bene concentrarsi su un solo punto, essenzialmente il contatto tra i pollici. In zazen le mani non afferrano nulla, i pollici e gli indici formano un bell'ovale.
 
Concentrandosi sulla posizione delle mani, si può imparare a pensare con il corpo tutto intero e non solo con il cervello. In quel momento lo spirito che crea continuamente separazioni viene abbandonato. Ci si può ritrovare veramente intimi con se stessi: è come rientrare a casa e sedersi in pace. In quel momento il tesoro di cui parlava Hyakujo è realizzato. Non si è né all'esterno, né all'interno e non è qualcosa che si può afferrare. E' una qualità di essere qui e ora unità con se stessi, unità con gli altri, senza separazione, senza opposizione.
 
Nel corso di questa sessione continuerò a parlare dell'insegnamento del Maestro Hyakujo, perché egli illumini la nostra pratica.
 
Hyakujo era il discepolo del Maestro Baso, il quale era il successore di Nangaku, che era il discepolo del Sesto Patriarca Eno. Il Maestro Dogen considerava Hyakujo come il più grande maestro dei cinque secoli che avevano preceduto la nascita del proprio maestro Nyojo.
 
Hyakujo era un uomo benevolente e non praticava i metodi brutali di alcuni maestri della sua epoca. Egli insegnava a partire dalla pratica e non da koan complicati. Fu lui a creare le prime regole specifiche dei monasteri Zen. Il punto essenziale è la non separazione tra zazen e pratica nella vita quotidiana. Le regole che aveva creato sono concepite come un aiuto per unificare la vita nei monasteri tra il dojo e la pratica del samu. E' lui che diceva: "Un giorno senza lavorare è un giorno senza mangiare". Non perché mangiare sia la ricompensa del lavoro, ma perché lavorare e mangiare sono l'attualizzazione della pratica.
 
Dopo aver lungamente praticato con il Maestro Baso, egli ritornò nel tempio del suo primo maestro, che era diventato vecchio e stanco, per prendersi cura di lui, e scrisse il suo trattato sulla "Porta Essenziale della Verità" per la realizzazione del Risveglio Immediato. Egli inviò il proprio testo al suo maestro Baso.
 
Baso paragona Hyakujo ad una grande perla brillante che illumina tutto l'universo. Ma Hyakujo non si considerava per nulla una grande perla brillante. All'inizio scriveva: "Umilmente mi prosterno davanti al Buddha, nelle dieci direzioni, con l'eccellente compagnia dei Bodhisattva". Scrivendo questo trattato premetteva: "che io riesca o che io non riesca ad interpretare correttamente lo spirito del Buddha, se sarà il caso spero di potermene pentire e cambiare".
 
Nonostante fosse già stato certificato dal suo maestro Baso, egli non aveva per nulla la pretesa di detenere in modo infallibile la verità. Egli era cosciente di poter sempre fare degli errori. Questo spirito di Hyakujo è lo spirito che dobbiamo seguire. Anche se abbiamo seguito per molti anni l'insegnamento del Maestro Deshimaru, anche se facciamo zazen da oltre 20 anni, anche se abbiamo studiato molto lo Shobogenzo, anche se abbiamo ricevuto lo shiho, dobbiamo essere coscienti di poter sempre commettere degli errori: restare umili e fare sempre attenzione.
 
Egli aggiungeva: "Se riuscissi a trasmettere la verità, dedicherei i meriti che ne derivano a tutti gli esseri viventi, nella speranza che essi raggiungano tutti il Risveglio".
 
Le frasi preliminari, tanto importanti quanto tutto il contenuto del trattato, mostrano l'atteggiamento interiore di Hyakujo: una grande umiltà ed un grande spirito di compassione. Per questo io vorrei condividere il suo insegnamento con voi, perché ci aiuti ad evolvere nella direzione che era la sua.

Domenica 29 agosto 1999, kusen delle 16:30

In zazen, dopo aver assunto la postura, è bene inspirare ed espirare due o tre volte a fondo: ciò rinfresca lo spirito e permette di rilassare il plesso solare, il diaframma. Successivamente seguite semplicemente il ritmo naturale della vostra respirazione. Osservate come respirate. Se notate che la vostra espirazione è troppo corta, accompagnatela esercitando una pressione sulla massa addominale verso il basso, senza rientrare il ventre, al contrario, alla fine dell'espirazione si produce una leggera espansione sotto l'ombelico, la zona dell'hara diventa tonica. Se mantenete bene il contatto del taglio delle mani con il basso ventre sentirete questa leggera espansione sotto l'ombelico. Alla fine dell'espirazione si lascia che l'inspirazione si faccia naturalmente. Se ci si rende conto che è troppo corta la si accompagna in modo da inspirare completamente. L'importante è che la respirazione sia fluida, non resti bloccata: né polmoni vuoti, né polmoni pieni, né a metà. La fluidità della respirazione aiuta a ritrovare uno spirito, una coscienza ugualmente fluida. Non si indugia su nulla, completamente liberi! L'acqua di un torrente di montagna, che scorre liberamente lungo la pendenza, non si lascia fermare da nulla.
 
Si raccomanda di rimanere attenti alla propria respirazione, intimi con essa, in contatto, ma non è il caso di analizzare. Alcune meditazioni raccomandano di osservare se la respirazione è lunga o corta. Certamente ogni tanto si può osservare per correggere, ma l'autentico spirito di zazen non è uno spirito che misura, che compara, che valuta.
 
Hishiryo, la coscienza al di là di tutte le misure, non crea separazioni: colui che respira è la respirazione. Con la coscienza hishiryo si diventa la respirazione stessa, al di là della coscienza ordinaria. Non sono io che respiro, ma il respirare… al di là di me stesso, al di là di tutto il controllo volontario. Non è neanche essere assente, è esattamente il punto delicato di zazen: pensare senza pensare. E' la coscienza che non si aggrappa al pensiero, né al non pensiero, senza intenzione e restando allo stesso tempo concentrati.
 
Nella vita quotidiana, alla Gendronnière per esempio, è bene ogni tanto ritornare all'attenzione alla propria respirazione, quando camminate, per esempio, o quando fate il samu, riportate la concentrazione sulla respirazione. Seduti in zazen, potete sempre ritornare all'attenzione alla respirazione, così potrete essere in unità con quello che fate: presente.
 
Qui e ora, se vi addormentate, concentratevi soprattutto sull'inspirazione. Se, al contrario, siete in sanran, con troppi pensieri, accentuate la concentrazione sull'espirazione.

Domenica 29 agosto 1999, kusen delle 20:30

Durante zazen, non ci sono solamente delle persone sedute nel dojo che praticano zazen, ma anche persone che vivono nel tempio, esse devono armonizzarsi con gli altri in zazen: non si può errare come fantasmi intorno al dojo!
 
Quando si è seduti sullo zafu, ugualmente, bisogna smettere di errare nei propri pensieri.
 
Hyakujo domandava ai praticanti: "Quale metodo dobbiamo praticare per ottenere la liberazione?". Rispondeva egli stesso: "Non può essere raggiunta che grazie ad un Risveglio immediato". Che cos'è un Risveglio immediato? Immediato vuol dire liberarsi istantaneamente dai propri pensieri illusori. Il Risveglio significa realizzare che il Risveglio non è qualcosa da raggiungere. Liberarsi dai propri pensieri illusori non significa necessariamente che scompaiano e nemmeno che dobbiamo cercare di farli scomparire, ma semplicemente non seguirli. Sovente noi opponiamo ciò che amiamo a ciò che non amiamo, in modo da ottenere ciò che amiamo ed evitare o rifiutare ciò che non amiamo. A causa di questo il nostro spirito non è libero.
 
Praticare zazen è smettere di creare tali opposizioni. In zazen si spinge il cielo con la sommità del capo e, per quanto possibile, si preme il suolo con le ginocchia. L'alto e il basso non possono essere separati, non più che la mano destra dalla sinistra. Il cielo e la terra non possono essere separati, significa che il cielo non esiste da solo e che la terra non esiste da sola. Realizzare questo è smettere di attaccarsi a tutte le opposizioni. Quando lo spirito diventa vasto, ingloba tutte le polarità e tutte le nostre dualità. Ciò non può che essere realizzato improvvisamente, nel momento in cui lasciamo un attaccamento, come un uccello che prende il volo, non vola via progressivamente: da un istante all'altro è nell'aria. Quando smettiamo di attaccarci ad un pensiero, ne siamo liberati da un istante all'altro.

Lunedì 30 agosto 1999, kusen delle 7:30

Nella seconda parte di zazen non c'è più la grande campana, ma sono i galli che ci riportano alla concentrazione qui ed ora. Non perdete tempo a seguire i vostri pensieri, ritornate costantemente alla concentrazione sulla postura. Rientrate bene il mento, tendete le reni, spingete bene il cielo con la sommità del capo e la terra con le ginocchia. Insistiamo sulla concentrazione sulla postura, non perché lo spirito non sia importante, ma significa semplicemente che il corpo e lo spirito non sono separati. Per avere uno spirito concentrato, il metodo migliore è di concentrarsi sulla postura del corpo e sulla respirazione, perché il corpo è sempre qui e la respirazione si svolge sempre ora, nell'istante. Se rimaniamo concentrati qui e ora, la nostra vita diventa completa, perché qui ed ora non manca nulla.
 
Così il Risveglio non è qualcosa da raggiungere, ma semplicemente da praticare, abbandonando lo spirito avido che vuole sempre afferrare altre cose, che ha sempre paura di perdere un'occasione, al punto che anche gli stessi discepoli che hanno incontrato la Via dello Zen, continuano a dubitare e a domandarsi se non debbano aggiungere qualcosa. "E' veramente sufficiente? Non ci sono altre cose che potrebbero soddisfare di più?". Anche nella pratica dello Zen, il satori diventa spesso come un miraggio, abbiamo l'impressione di vedere dell'acqua luccicare lontano come nel deserto, e non vediamo la sorgente che è davanti ai nostri piedi.

Come fare perché la nostra pratica sia realmente la pratica del Risveglio qui ed ora?
 
Hyakujo diceva: "Dovete iniziare dall'autentica radice. Che cos'è? Lo spirito è la radice".
 
In funzione delle condizioni dello spirito, noi ci incarniamo in ogni istante in un mondo differente. La trasmigrazione non riguarda il dopo morte, ma riguarda ogni istante. Il mondo in cui viviamo è il riflesso del nostro spirito. Ciò non vuol dire che il mondo non esiste al di fuori di noi. Il mondo non è né bene né male, né bello né brutto: è il nostro modo di essere che costituisce tutta la differenza. La bellezza è nei nostri occhi, nel nostro modo di guardare. Quando siamo aggressivi, arrabbiati, noi vediamo il mondo intorno a noi come aggressivo e creiamo noi stessi violenza, risvegliando l'aggressività degli altri intorno a noi. Se il nostro spirito diventa benevolente, come dire che dal più profondo del nostro spirito desideriamo la felicità di tutti gli esseri, senza essere invidiosi, senza temere che la felicità degli altri ci tolga qualcosa, allora noi creiamo simpatia ed il mondo intorno a noi ce la rinvia. Se il nostro spirito è in pace, il mondo intorno a noi si quieta.
 
La maggior parte del tempo viviamo nel nostro mondo. Essere veramente in contatto con il mondo reale non è così facile perché, in fine, è inafferrabile. Non è possibile separare la condizione del nostro spirito dal mondo. E quel che a volte chiamiamo l'ultima realtà, la realtà così com'è, è completamente inafferrabile, non è possibile rinchiuderla nei nostri pensieri, nelle nostre categorie mentali, essa è sempre al di là. Se realizziamo ciò, non ci attacchiamo più troppo alle nostre costruzioni mentali e possiamo abbandonare la nostra coscienza personale, cioè non la seguiamo, non ci attacchiamo. In quel momento possiamo inconsciamente, senza volerlo, armonizzarci con la realtà così com'è, armonizzandoci con lo spirito inafferrabile, diventando mushotoku. Ma ciò non si può realizzare che al di là della nostra volontà. Se si vuole essere mushotoku, questo non è possibile, diventa un nuovo obiettivo della nostra pratica. Alla fine, accettare che non lo si è, diventa la vera realizzazione di mushotoku. Anche il più alto valore dello Zen io non posso raggiungerlo, allora io abbandono lo spirito che vuole raggiungere questo e ciò non può realizzarsi che al di là di me.

Lunedì 30 agosto 1999, kusen delle 16:30

Specialmente durante lo zazen del pomeriggio, non lasciate che il vostro spirito si assopisca.
 
A proposito del fatto che lo spirito è la radice, il Maestro Hyakujo citava differenti sutra. In uno si dice: "Grazie al controllo dello spirito, tutte le cose diventano possibili per noi". Controllare il proprio spirito non significa reprimerlo, rinchiuderlo, ma semplicemente non sfuggire all'istante presente. Controllare il proprio spirito significa praticare la concentrazione e l'osservazione simultaneamente.
 
Per la concentrazione occorre riportare l'attenzione alla postura del corpo, la verticalità della schiena, il mento rientrato, le spalle rilassate, i pollici orizzontali. Continuamente lo spirito vuole fuggire altrove. Lo si riporta in contatto con la postura e con la respirazione, ciò vuol dire respirare con il corpo e con lo spirito in unità, essere presenti nella propria respirazione. Successivamente la concentrazione implica lasciar passare i pensieri. Attraversare tutte le condizioni dello spirito che incontriamo, senza lasciarsi distrarre dalla concentrazione, grazie alla postura ed alla respirazione e, inoltre, senza reprimere i pensieri o le emozioni che appaiono.
 
Durante zazen si cerca di raggiungere una condizione di assoluto non pensiero. Lo spirito, concentrato in zazen, funziona come uno specchio che accoglie tutti i fenomeni senza scegliere, senza rifiutare nulla. Attaccarsi ai pensieri, cominciare a seguirli, porta alla distrazione e poi all'agitazione mentale, lo stato di sanran, che è bene evitare concentrandosi su delle lunghe espirazioni e mettendo la propria energia in hara, sotto l'ombelico.
 
Non pensare per nulla perché ci si addormenta o perché si cerca di sopprimere i pensieri, di bloccarli, non è l'atteggiamento giusto, è - come dice Menzan - "confondere lo specchio con il retro dello specchio". Il retro dello specchio non riflette nulla, ha perso la sua funzione di specchio. Se lo specchio conserva le immagini, se si attacca ad esse, perde la sua lucentezza.
 
Qui in zazen pratichiamo l'osservazione istantanea, immediata, di tutto ciò che sorge di istante in istante. Questo permette di osservare ciò che abitualmente noi stessi non possiamo vedere, di essere più coscienti di quello che ci abita e meno condizionati dai processi inconsci.
 
Per questo il Maestro Deshimaru raccomandava di lasciar scorrere tutto quello che risale dal subconscio, senza aggrapparsi a nulla, né rifiutare nulla. E' la pratica dell'osservazione, ma essa non si ferma all'apparenza. La vera osservazione consiste nel vedere chiaramente che ciò che appare non ha sostanza, esiste, ma non ha sostanza, nulla di fisso. Sorge dal mio spirito, i pensieri non vengono da altrove, ma essi non sono me. In zazen si perde la cattiva abitudine di identificarsi con i propri pensieri - questo è me, ma io non sono questo - perché questo "io" è inafferrabile, non è qualche cosa. Vedere questo è l'autentica osservazione.
 
Allora, a proposito del controllo dello spirito, non c'è nulla da controllare, si può continuare zazen liberamente, non c'è più nessuno che controlla. Allora il vero spirito illimitato ha trovato il suo spazio.

Lunedì 30 agosto 1999, kusen delle 20:30

Per quanto riguarda la Via della liberazione, la radice è nello spirito.
 
Nel sutra di Vimalakirti si dice: "Coloro che desiderano raggiungere la Terra Pura devono prima purificare il loro spirito, perché la purificazione del loro spirito è la purezza della Terra di Buddha".
 
Ogni mattina, nel Buddha hall del refettorio, si canta l'Hannya Shingyo davanti alla guen mai. Sopra la guen mai c'è un quadro che rappresenta la Terra Pura: la Terra di Buddha prodotta grazie ai voti del Buddha Amida di salvare tutti gli esseri che pongono la loro fede in lui, ed è un luogo dove molti buddhisti desiderano rinascere, in compagnia del Buddha Amida che li prepara per l'ultima tappa del nirvana. In questo mondo, in questo mondo dei desideri in cui siamo, noi appariamo sia a causa del nostro karma passato o, se siamo già impegnati nella Via di bodhisattva, allora possiamo rinascere per aiutare gli altri: in quel momento la nostra nascita è legata ai nostri voti.
 
Nella Terra Pura di Buddha si suppone di rinascere grazie alla forza del voto di qualcun altro: questo viene detto tariki, il potere dell'altro. In quel momento, tutta la pratica consiste nell'approfondire la propria fede nel potere dell'altro, ripetendo il suo nome "Namu Amida Butsu" e si pratica per rinascere più tardi in una sorta di paradiso. Molte religioni sono così, esse colgono la speranza degli esseri umani di essere salvati da qualcun altro: è anche questo un modo per abbandonare l'ego, per realizzare umilmente che da soli non è possibile salvarsi.
 
Nella pratica di zazen ci si rimette al potere di zazen. Non è jiriki, non è il nostro potere personale, perché lo zazen che noi pratichiamo è al di là del nostro ego. Noi abbiamo fede nello zazen trasmesso da tutti i Buddha, noi ci rimettiamo al potere di questo zazen, al di là della nostra volontà personale.
 
Zazen in se stesso purifica il nostro spirito, lo purifica dai nostri bonno, cioè essenzialmente dai tre veleni: la nostra ignoranza, avidità e ostilità rispetto a tutto ciò che disturba la nostra stabilità. Zazen non purifica semplicemente il nostro spirito, ma soprattutto zazen non crea impurità, non crea opposizioni tra il puro e l'impuro, tra il mondo e la Terra di Buddha, tra se stessi ed il Buddha. Allora la pratica di qui e ora diventa la Terra Pura qui e ora. Non bisogna svalutare questo istante aspettando altre cose. Quando si smette di detestare la nostra condizione presente in questo mondo, o di desiderare il nirvana, allora il nostro spirito diventa completamente libero, come lo spirito di Buddha. Ed è questo spirito, libero da tutta l'avidità, che ci guida.

Martedì 31 agosto 1999, kusen delle 7:30

Quando si entra nel dojo con il piede sinistro, ci si inchina in gassho rivolti verso il centro e davanti a noi c'è la statua del Buddha: questa statua rappresenta la pratica vivente di zazen in questo dojo.
 
In un sutra si dice: "I saggi cercano la Via a partire dallo spirito, non a partire dal Buddha, al contrario gli idioti la cercano a partire da Buddha e non a partire dallo spirito".
 
Cercare a partire da Buddha significa voler imitare il Buddha: la nostra pratica è tutto fuorché un'imitazione. Anche se la postura di zazen ha la stessa forma della postura del Buddha, anche se il modo di praticare è lo stesso che il Buddha ha utilizzato sotto l'albero della Bodhi per meditare, lo zazen che noi pratichiamo qui e ora è sempre nuovo. Non si tratta di seguire lo spirito di qualcun altro, ed ancor meno di aderire a delle credenze o a dei dogmi, ma di ritornare allo spirito anteriore al Buddha stesso. Questo spirito non ha forma fissa, non è limitato da nulla, non dimora su nulla. Se volete dargli una forma, un contenuto, diventa lo spirito limitato, una costruzione mentale tra le altre.
 
Lo spirito che il Buddha ha seguito è lo spirito anteriore a tutte le nostre costruzioni mentali. Così, al momento di morire, quando i suoi discepoli erano disperati di perdere il loro maestro, Buddha aveva detto loro: "Seguite la vostra fiamma, la vostra luce". Così, nel dojo, non ci sono solo statue del Buddha, ma anche quella di Manjusri, che brandisce la spada della saggezza che taglia lo spirito di attaccamento, non solo delle nostre illusioni ordinarie, ma anche lo spirito di attaccamento al Buddha stesso.
 
Quando il Buddha trasmise l'essenza del suo insegnamento a Mahakashyapa, egli semplicemente prese un fiore tra le dita e lo fece girare. Mahakashyapa sorrise e il Buddha disse: "Io possiedo lo spirito sereno del Nirvana. Ora è stato trasmesso a Mahakashyapa". Non glielo ha dato, ma "trasmesso": è giustamente questo il punto delicato. La trasmissione i shin den shin non è la trasmissione di qualche cosa che si può dare a qualcun altro, ma la rivelazione simultanea dello spirito risvegliato che esiste in ciascuno. Questo spirito non è qualcosa che si possa dare a qualcun altro. Non è neanche possibile trovarlo nei sutra. Non si può che realizzarlo, attualizzarlo da sé nella pratica di zazen, in una totale presenza a ciò che è qui ed ora, al di là di tutti i pensieri.

Martedì 31 agosto 1999, kusen delle 20:30

Prima, durante il mondo, qualcuno ha chiesto: "come si può cambiare il proprio spirito se esso è inafferrabile?". Lo spirito inafferrabile non ha bisogno di essere cambiato. Quando attraverso la pratica di zazen ritorniamo a questo spirito inafferrabile, cioè quando smettiamo di voler afferrare alcunché, quando smettiamo di identificarci con i nostri pensieri, con le nostre emozioni, allora, questo ritorno allo spirito inafferrabile, è questo cambiare il proprio spirito.
 
Lo spirito cambia sempre, ma in realtà non c'è che uno spirito. E' quando ci consideriamo qualcosa di limitato, del tipo "io sono qualcuno che…è così o cosà, che ama questo e non ama quello, che ha queste ambizioni, quelle pretese…" allora il nostro spirito vasto, il nostro spirito inafferrabile si identifica ad una certa idea di ego: diventa coagulato in questo attaccamento. In quel momento tutto quello che lo disturba provoca la sua collera. Lo spirito inafferrabile si trasforma subito in uno spirito guerriero e se prosegue in questo modo diventerà uno spirito dell'inferno.
 
Lo spirito inafferrabile prigioniero di un'illusione si mette a trasmigrare, dall'inferno al paradiso, in funzione della natura delle sue illusioni. Quando ci si rende conto di ciò attraverso zazen e si lascia cadere questo processo, allora, lo spirito inafferrabile ridiventa ciò che è in realtà, ritrova la sua libertà e non ha bisogno di essere cambiato, esso è così com'è eternamente.
 
Così Hyakujo diceva: "Gli uomini saggi - anche le donne, gli esseri umani che hanno saggezza - controllano il loro spirito piuttosto che la loro persona, gli idioti controllano la loro persona piuttosto che il loro spirito".
 
Controllare la persona è come decorare il proprio ego, voler assomigliare a quel che ci piace. Questo diventa una limitazione e richiede molti sforzi, come per truccarci tutte le mattine, prendersi cura della propria persona, del look, in modo da salvare le apparenze. Nel salvare le apparenze si perde il proprio spirito. Così la saggezza consiste nel ritornare al proprio spirito, nell'illuminare lo spirito illusorio, distaccarsene e ritornare allo spirito inafferrabile, illimitato. Ritornare allo spirito illimitato significa creare la propria vita in ciascun istante senza imitare gli altri, senza essere prigionieri del passato.

Mercoledì 1 settembre 1999, kusen delle 7:30

Quando si è concentrati sulla postura, verticalità della schiena, mento rientrato, spalle rilassate, si può smettere di essere travolti dai propri pensieri. Così si dice, a volte, che in quel momento si può osservare il proprio spirito, ma in realtà, non si osserva mai il proprio spirito. Quello che si può osservare sono le manifestazioni dello spirito, dei fenomeni, ma lo spirito, che è la sorgente, rimane inafferrabile. Allo stesso modo sovente si dice che praticare zazen è imparare a conoscere se stessi, ma anche dopo trent'anni di zazen, nessuno ha mai potuto vedere se stesso. Se stesso è completamente inafferrabile. Tutto quel che possiamo comprendere sono le idee che ci facciamo a proposito di noi stessi. Se si realizza questo intimamente, si smette di voler afferrare il proprio spirito, si smette di attaccarsi a se stessi.
 
Ciò nonostante è importante osservare le manifestazioni del proprio spirito. C'è uno spirito che prova sensazioni a volte gradevoli a volte spiacevoli, si vogliono trattenere le sensazioni piacevoli ed eliminare quelle spiacevoli; lo spirito che inveisce contro il calore quando fa troppo caldo, che ama questo e non ama quello. A causa di questo spirito sovente soffriamo, così come Gensha quando urtò il piede contro un sasso e ne provò un vivo dolore - come alcuni che hanno molto male alle ginocchia - se ci domandiamo: "in fondo chi è che prova questo dolore?", realizziamo che questo spirito che soffre è inafferrabile. Se ci armonizziamo con quel che c'è, smettendo di afferrare od opporci, allora possiamo diventare veramente liberi in mezzo ai fenomeni, senza cercare di evitarli.
 
C'è anche lo spirito che percepisce, che riconosce e che, invece di semplicemente riconoscere quel che è, aggiunge ogni tipo di opinioni, di pregiudizi e rende la vita, le relazioni, complicate. Poi c'è lo spirito che desidera - è sempre lo stesso spirito, ma in quei momenti funziona differentemente - lo spirito che vuole e che non vuole, che ha delle intenzioni, lo spirito che produce karma, che ci fa agire, parlare.
 
Quando il Maestro Hyakujo diceva che le persone sagge controllano il loro spirito piuttosto che il loro ego, mentre gli idioti controllano il loro ego piuttosto che il loro spirito, è di questo spirito che parla. Lo spirito che ci fa agire, lo spirito che è alla radice delle nostre azioni è altrettanto importante, se non di più, che l'azione stessa. Per esempio qualcuno che ha deciso di uccidere un'altra persona e che ne è impedito all'ultimo minuto, è ugualmente un assassino. A livello del karma è come se avesse ucciso. Qualcuno che provoca un incidente totalmente indipendente dalla sua volontà, anche se mortale, non ha il karma di un assassino.
 
Nello stesso modo, coloro che hanno bodaishin, lo spirito del Risveglio, cioè consacrano tutta la loro vita alla pratica della Via, a condividerla con gli altri, anche se non sono dei Buddha perfetti, hanno già lo spirito del Buddha, semplicemente grazie alla loro intenzione, grazie ai loro voti. Per questo in un sutra si dice: "Il male proviene dallo spirito ed attraverso lo spirito è superato, risolto". Hyakujo aggiungeva: "Pertanto dobbiamo sapere che tutto il bene e tutto il male provengono dal nostro spirito e che il nostro spirito è veramente la radice. Così se desiderate la liberazione dovete cominciare dalla radice".
 
Rientrate bene il mento, non lasciate che la testa penda in avanti. Spingete bene il cielo con la sommità del capo e la terra con le ginocchia, non afflosciate la vostra postura.

Venerdì 3 settembre 1999, kusen delle 7:00

Allineatevi con la persona di sinistra, quando siete a sinistra. Bilanciatevi sette otto volte da sinistra a destra e da destra a sinistra, i pollici all'interno dei pugni, i pugni sulle ginocchia. Inchinatevi in avanti - le ginocchia non si sollevano dal suolo - e fate gassho. Concentratevi sui gesti, non fateli a metà, ma completamente, profondamente. Inchinandovi in avanti non lasciate che la testa s'inclini più del corpo: la testa e il corpo s'inclinano nello stesso tempo in avanti. Prendete fermamente appoggio con le ginocchia sul suolo, poi raddrizzatevi a partire dalla vita, mettete la mano sinistra nella mano destra, i pollici orizzontali, il taglio delle mani in contatto con il basso ventre.
 
I gesti all'inizio di zazen sono importanti, il modo di iniziare influenza la pratica. Praticare gassho a metà è praticare zazen a metà: tutta la vita rischia di essere vissuta a metà. Fare una sesshin è imparare a vivere con il proprio corpo ed il proprio spirito in unità, mettendo tutta la propria attenzione e la propria energia in ogni gesto, ogni pratica, ogni momento dell'esistenza. Quando si è prigionieri dei pensieri non si vive che a metà. Praticare zazen è esistere non solo nella testa, ma nel corpo tutto intero, per questo è importante concentrarsi sulla postura. Non è un attaccamento alla postura, ma il metodo migliore per raggiungere l'autentica liberazione.
 
Tendete bene le reni, la colonna vertebrale, la nuca, rientrate bene il mento. Tendere non vuol dire tirare, senza rigidità. Rilassate bene le spalle, rilassate il ventre, concentratevi sul contatto dei pollici orizzontali. Inspirate ed espirate profondamente, senza forzare, ma essendo completamente presenti nella vostra respirazione. Accompagnate la respirazione, così eviterete di perdervi nei pensieri. Non dormite!
 
Nella vita quotidiana lo spirito è sempre rivolto verso l'esterno, attirato dai fenomeni, diventa disperso, sovente si perde il contatto con se stessi. In zazen, faccia al muro, si può girare lo sguardo, l'attenzione verso l'interno, osservare il proprio corpo ed il proprio spirito, osservare il funzionamento del proprio spirito grazie alla concentrazione sul corpo. E' l'essenza stessa della sesshin, che vuol dire diventare intimi con il proprio spirito, lo spirito che è la sorgente della nostra vita e che permette di orientarla. Attraverso il nostro spirito ordinario, identificato con il nostro piccolo ego, la vita è orientata verso l'accrescimento di quel che possediamo. Attraverso la pratica di zazen siamo orientati verso il ritorno all'autentica natura della nostra esistenza.
 
Nel suo insegnamento sulla Porta del Risveglio, Hyakujo cita un sutra nel quale è detto: "Il male proviene dallo spirito ed attraverso lo spirito il male è risolto". Commenta dicendo: "Qui dobbiamo sapere che tutto il bene ed il male sono preceduti dal nostro spirito, in quanto lo spirito è la radice. se desiderate la liberazione, dovete comprendere completamente la radice".
 
Durante la pratica di zazen il nostro spirito non giudica a proposito di bene o di male. Zazen è completamente al di là di tutte le discriminazioni, cioè non produce discriminazioni, non oppone bene e male, vero e falso. Allorché il nostro spirito cessa di funzionare in modo dualista, non separa più se stesso dagli altri. In zazen l'autentico i shin den shin si realizza, non c'è la complicità di due ego, ma la comunione che si realizza tra chi non crea più separazioni. Qui ed ora condividiamo questo spirito non-due. A partire da questo spirito, nessun male, nessuna sofferenza può essere prodotta, perché tutti gli esseri diventano nostri fratelli, sorelle, figli, genitori. E' per questo che nell'ordinazione, nel momento in cui si trasmettono i precetti del Buddha, si ricorda sempre che l'essenza di tutti i precetti è di continuare zazen, non solo di continuare ogni giorno zazen, ma di continuare a vivere tutta la giornata a partire dallo spirito di zazen. In quel momento tutte le barriere che ci separano dagli altri, i pregiudizi, le opposizioni, possono cadere naturalmente. Con questa condizione di spirito i precetti diventano inutili, non perché ci si prenda il diritto di trasgredirli, ma perché essi sono naturalmente compiuti a partire dallo spirito di compassione che è l'espressione naturale di zazen. Se ci si rende conto che non è la nostra situazione, allora è un invito ad approfondire ancora la pratica di zazen. E' il senso della sesshin.

Venerdì 3 settembre 1999, kusen delle 11:00

Non bisogna fare zazen a metà: la Via rischia di essere vissuta a metà.
 
Una volta in Cina c'era un maestro che aveva l'abitudine di fare zazen sulla cima di un albero, si chiamava Dori, ma lo chiamavano "nido d'uccello" a causa della sua abitudine. Un giorno il governatore della provincia, Raku Rakouten andò a trovarlo. Vedendolo fare zazen sul suo albero gli disse: "Siete in una posizione ben pericolosa lassù". Dori gli rispose: "La tua posizione è ben più pericolosa della mia, solo attaccato al potere, agli onori e soprattutto alla tua posizione". Raku Rakouten gli domandò: "Qual è l'essenza dell'insegnamento del Buddha?". Dori gli rispose: "Non commettere alcun male e praticare tutto il bene". Raku Rakouten gli disse: "Anche un bambino di tre anni sa questo". Dori ribatté: "Sì, ma anche un vecchio di ottant'anni ha difficoltà a praticarlo". Raku Rakouten fece gassho inchinandosi profondamente e realizzò pienamente l'insegnamento del Buddha.
 
Finché si è attaccati alla propria posizione, all'idea che ci facciamo di noi stessi, finché è il nostro ego a dirigerci, anche se vogliamo fare il bene, questo diventa male. Per esempio voler aiutare gli altri per accumulare meriti, per creare un buon karma è esattamente continuare lo spirito avido, solamente voler decorare se stessi. Oppure voler evitare il male semplicemente per paura di un cattivo karma è ancora rimanere nello spirito di attaccamento. Ciò non ha niente a che fare con l'insegnamento del Buddha. Buddha non ha promulgato delle leggi, egli ha solamente insegnato la liberazione.
 
Fare zazen sulla cima di un albero è fare zazen sul vuoto, faccia al vuoto. E' così che dobbiamo praticare, rivolti verso la vacuità del nostro piccolo ego e non seguirlo.
 
Hyakujo diceva: "Se desiderate la liberazione dovete comprendere la radice". Comprendere la radice è fare zazen in faccia al vuoto, come Dori dall'alto del suo albero. In quel momento appare la possibilità di realizzare la vera natura della nostra esistenza; non è qualcosa che si ottiene in più, ma semplicemente lo svelarsi di quel che è sempre stato là. Finché non lo si realizza si continua a trasmigrare di oggetto in oggetto, sempre alla ricerca di soddisfazione e mai soddisfatti, sempre inquieti e mai in pace. La liberazione di cui parla Hyakujo è la liberazione da questa condizione che non si può realizzare se non attraverso una rivoluzione interiore.
 
In un sutra è detto: "Per tutto il tempo in cui dirigerete la vostra ricerca verso le forme intorno a voi, i fenomeni, non raggiungerete mai il vostro scopo, la liberazione, anche se cercherete per milioni di anni". Se girerete il vostro spirito verso l'interiore, allora potrete realizzare il Risveglio in un istante. Allora la nostra autentica unità con tutti gli esseri che ci sono intorno può realizzarsi. Con questa coscienza nessun male può essere commesso, tutto il bene si realizza, al di là anche delle nostre intenzioni di praticarlo.

Venerdì 3 settembre 1999, kusen delle 16:30

Non dormite! Se il kyosaku non è sufficiente a svegliarvi, concentratevi sull'inspirazione. Il kyosakuman non si limiti a dare il kyosaku a chi lo richiede, lo dia direttamente.
 
Durante zazen continuate a concentrarvi sulla vostra postura, non economizzate la vostra energia: date già il vostro tempo per la pratica di zazen, metteteci ugualmente tutta la vostra attenzione e la vostra energia. Non praticate a metà. Non dormite.
 
Quando ci concentriamo completamente sulla postura, non c'è da un lato la postura e dall'altro lato io che cerco di concentrarmi. Se si è veramente concentrati tutte le nostre intenzioni sono assorbite dalla concentrazione. Non c'è più un io che cerca di praticare, ma resta semplicemente la pratica, un corpo ed uno spirito assorbiti da zazen: come dire diventare completamente unità con la pratica, senza separazione. Per questo bisogna smettere di utilizzare la propria coscienza personale, smettere di intrattenere i pensieri, ma pensare con il corpo tutto intero, non con delle parole.
 
Nel suo trattato sul Risveglio immediato, Hyakujo dialoga con se stesso ponendosi delle domande essenziali e tentando di rispondere. Egli si domanda: "Come praticare, come realizzare la radice della pratica?", e si risponde: "sedendosi in zazen". Perché questa radice è realizzata da dhyana (ch'an) e dal samadhi. Come è detto in un sutra: "Dhyana e samadhi sono essenziali per la realizzazione del Risveglio del Buddha, perché senza di essi, i pensieri restano tumultuosi e le radici del bene sono danneggiate".
 
Nell'insegnamento buddhista tradizionale, dhyana è l'ottavo aspetto dell'ottuplice sentiero, la meditazione. Samadhi, zenjo, è la sesta delle paramita praticate dal bodhisattva. Nella scuola dello Zen, trasmesso da maestri quali Hyakujo, dhyana e samadhi non sono delle pratiche tra le altre: esse sono riunite in zazen che è la radice di tutte le pratiche. Il Buddha non ha praticato l'ottuplice sentiero né le sei paramita; egli ha praticato zazen, realizzato il Risveglio a partire da zazen e di là ha insegnato l'ottuplice sentiero e le sei paramita. Tutti i suoi insegnamenti e le sue pratiche sono state l'espressione del suo zazen. Dhyana e samadhi sono i due aspetti essenziali di zazen stesso.
 
Hyakujo diceva: "Quando i pensieri erronei cessano, questo è dhyana. Quando si è seduti contemplando la propria natura originale, questo è il samadhi. Perché la natura originale è il nostro spirito eterno, il samadhi, pratica della concentrazione. Allorché si diventa completamente in unità con zazen, lo spirito diventa completamente chiaro e non è più impedito dagli otto venti". Non si tratta del vento d'autunno, che ci rinfresca in questo momento, questi otto venti sono gli attaccamenti che agitano il nostro spirito: il guadagno e la perdita, cioè il desiderio di guadagnare sempre più denaro, meriti. Non è la perdita in sé che è un vento - se si accetta di perdere è il satori - il vento della perdita è la paura, paura di perdere, di non ottenere, non soltanto beni materiali, ma anche le relazioni, infine la nostra stessa vita. La paura di morire può diventare un impedimento alla vita, alla vita libera. Ci sono i venti della calunnia e dell'elogio, complimenti e biasimo. Infine della tristezza e della gioia.
 
Sovente nella vita sociale - ed anche nello Zen - si può osservare fino a che punto siamo sensibili agli elogi ed alle critiche, quanto le calunnie ci fanno arrabbiare e quanto i complimenti ci fanno gioire, al punto che qualche volta si diventa come mendicanti, aspettando i complimenti. Grazie alla pratica di zazen si può notare ciò e accordargli meno importanza ed infine riderne.
 
Quanto detto non significa che non si provi più né tristezza né gioia, ma che queste emozioni possono diventare così leggere che, proprio come delle piccole onde sulla superficie, non disturbano la calma profonda dello spirito di zazen. Non essere disturbati dagli otto venti non significa diventare indifferenti, ma attraversare tutti gli stati che incontriamo senza esserne sconvolti, senza essere agitati da essi, semplicemente non muoversi. Come i tigli davanti al dojo: le loro foglie ed i loro piccoli rami si agitano nel vento, ma il loro tronco resta completamente stabile, come la postura di zazen.

Venerdì 3 settembre 1999, kusen delle 20:30

Continuate a concentrarvi sulla vostra postura. Continuate ad inspirare ed espirare profondamente. Non stagnate nei vostri pensieri.
 
Il Maestro Hyakujo diceva: "Quando i pensieri erronei cessano, questo è dhyana, quando siete seduti contemplando la vostra natura originale, quello è il samadhi, perché questa natura originale è il vostro spirito eterno".
 
Sovente quando si pratica zazen i pensieri erronei non cessano. Si può prendere coscienza delle proprie illusioni, vederle per quello che sono e anche se non cessano, si smette di attaccarsi ad esse, non le si prende sul serio.
 
Hyakujo chiama dhyana il punto essenziale di zazen, che è di andare costantemente al di là, di non dimorare in nessuno stato. Contemplare la propria natura originale non è contemplare qualche cosa, ma diventare intimi con quel che i nostri occhi non possono vedere, le nostre mani non possono toccare, le nostre bocche non possono esprimere, quello che sfugge a tutti i pensieri.
 
Hyakujo chiama lo spirito eterno non già la continuazione eterna del nostro spirito ordinario, ma lo spirito che non è limitato dalla nozione di inizio o di fine, da nascita o da morte: questo spirito non è agitato dai venti che scuotono lo spirito ordinario. Lo spirito che non è attaccato dal desiderio di guadagno, né dalla paura di perdere, che non è accresciuto dagli elogi, né diminuito dalle calunnie. Lo zazen che permette di realizzare questo spirito è al di là anche di Buddha e dei Patriarchi. E' così che il Maestro Dogen esprime la meditazione giusta: al di là anche di Buddha. Essere distaccati anche da Buddha, fare ancora un passo di più, al di là di Buddha, essere distaccati anche dal distacco stesso.
 
E' quel che esprimeva l'ultimo poema del Maestro Dogen:
 
     "Avrei desiderato rivederla 
     il prossimo autunno, la luna, 
     ma questa sera, 
     perché m'impedisce di dormire?"

 
Anche se amiamo i fiori e rimpiangiamo che appassiscano, i nostri rimpianti, essi stessi, sono l'ultima realtà così com'è. 

Sabato 4 settembre 1999, kusen delle 7:00

Continuate ad allinearvi dopo il kin hin. Non tardate a prendere la postura. La sesshin passa velocemente, il tempo di zazen anche, non perdete il vostro tempo, non rimanete persi nei vostri sogni.
 
Durante zazen concentratevi bene sull'espirazione, andate fino in fondo all'espirazione senza trattenere nulla, lasciate che il peso del vostro corpo pressi bene il suolo. Lo zazen deve essere stabile e ben radicato: in quel momento, naturalmente, l'agitazione della mente si calma. Anche se i pensieri illusori appaiono, li lasciamo passare, non gli diamo importanza, non li alimentiamo. Tutta la nostra energia è nella postura, nella pratica qui e ora. Non si può assolutamente controllare il sorgere dei pensieri e soprattutto, non ne vale la pena. Nello stesso modo non si possono controllare i fenomeni esterni, ma si possono controllare le nostre reazioni. Se si osserva che tutti i fenomeni che agitano il nostro spirito non hanno infine alcuna sostanza, allora tutte le cause di preoccupazione spariscono.
 
Hyakujo diceva: "Concentrandosi in questo modo, la gente ordinaria può diventare Buddha". Questo non vuol dire diventare perfetti. Ci sono differenti livelli per essere Buddha, in tutti i casi questo significa sciogliere i legami con i quali ci attacchiamo a noi stessi.
 
Hyakujo aggiungeva: "Tutti gli esseri che osservano i precetti del Buddha, realizzano così lo stato di Buddha". Osservare i precetti del Buddha è attualizzare lo spirito di zazen nella nostra vita, non creare separazioni, delle differenze, tra il nostro modo di essere nel dojo, in zazen e nella vita di tutti i giorni, la vita quotidiana. E' il punto essenziale della pratica dello Zen: non essere divisi, realizzare l'unità della nostra vita.
 
Hyakujo aggiungeva: "Questo si chiama liberazione, essere liberati dalle nostre cause di sofferenza ed anche smettere di far soffrire gli altri". Nell'Hannya Shingyo chiamiamo ciò andare insieme sull'altra riva, al di là dell'al di là. Al di là dello spirito che ci fa trasmigrare costantemente in funzione dei nostri attaccamenti o delle nostre avversioni del momento.
 
Hyakujo aggiungeva: "Bisogna lanciarsi al di là dei tre mondi". Al di là del mondo dei desideri nel quale ci troviamo, ma anche al di là del mondo delle forme nel quale questi desideri e queste sofferenze ci fanno agire. A volte dell'insegnamento del Buddha si ricorda il "vincere i desideri", ma ugualmente a questa condizione non bisogna attaccarsi. Ed ancora al di là del mondo delle forme, il mondo senza forme, il mondo di ku, la vacuità, gli stati più sottili di meditazione, a cui non ci si deve attaccare. Non dimorate neanche nella vacuità. E' così che si può diventare un autentico bodhisattva.

Sabato 4 settembre 1999, kusen delle 11:00

Nella vita quotidiana lo spirito è spesso come una scimmia, salta di ramo in ramo, sempre attivo ad afferrare qualche cosa. Quando ci si siede in zazen, faccia al muro, concentrati sulla postura, tutta questa agitazione si arresta. Si dice a volte che la concentrazione sulla postura è come attaccare la scimmia ad un piolo, ma questa immagine è ingannevole - come molte immagini - perché non si tratta di sostituire l'agitazione con l'immobilità, non si tratta di sostituire un attaccamento con un altro, ma di andare al di là di entrambi.
 
Hyakujo poneva la domanda: "Dove lo spirito deve stabilirsi e dimorare?", e rispondeva: "Deve stabilirsi nella non dimora e là dimorare".
 
Che cos'è questa non dimora? Significa non lasciare che il proprio spirito dimori su qualsivoglia cosa. Non avere lo spirito di un ritardato è come dire non rimanere attaccati a qualche cosa di passato, rimanere attaccati alle proprie costruzioni mentali, ma ritrovare al contrario, continuamente, uno spirito nuovo, fresco e disponibile.
 
Come sapete il Maestro Eno si era risvegliato la prima volta ascoltando il Sutra del Diamante nel quale si dice: "Quando lo spirito non dimora su nulla, il vero spirito si manifesta". E' la decima frase dal Sutra di Diamante, dunque l'esatta traduzione è come segue: "Il bodhisattva deve generare uno spirito senza supporti, cioè uno spirito che non dimora né sulla vista, né sul suono, l'odore, il gusto, il tatto, né sugli oggetti di pensiero". Come dire che si percepiscono chiaramente gli oggetti dei sensi, ma che non si dimora su questa percezione, né sui pensieri.
 
Lo spirito che non dimora su nulla è hishiryo: essere al di là di tutti i pensieri. Ciò non può diventare un pensiero in più: hishiryo non è il prodotto dei nostri pensieri. E' zazen stesso che, al di là di tutte le intenzioni, realizza hishiryo. Non bisogna voler restare su hishiryo, appena si crede di averlo realizzato, non è già più hishiryo, è solamente un pensiero limitato.
 
Allora, a proposito dello spirito che non dimora su nulla, Hyakujo diceva: "Lo spirito che non è fissato sul bene né sul male, sull'essere o sul non essere - come dire ku o mu - sull'interiore né sull'esteriore, né su qualche parte tra i due, né sul vuoto né sul non vuoto, neanche sulla concentrazione o sulla distrazione".
 
Non essere fissati sul male, certo vuol dire non alimentare malvagie intenzioni, non intrattenere pensieri di collera, di vendetta, di gelosia, ma vuol dire anche non attaccarsi al male passato, non colpevolizzarsi. Il passato è passato, non bisogna stagnare sulle azioni passate, ma semplicemente non continuare gli errori del passato; non vale la pena di lasciarsi divorare dal rimpianto. Non dimorare sul bene significa non attaccarsi ai meriti della propria pratica. Non restare sull'esistenza o la non esistenza è vedere che le due non sono separate: è quel che chiamiamo vacuità. Non dimorare sull'interiore o sull'esteriore: per esempio, si dice sempre che bisogna rivolgere il proprio sguardo verso l'interiore, non bisogna però interrompere il contatto con il nostro contesto. Lo spirito di zazen è come le finestre del dojo, esse si aprono sull'esterno e sull'interno. Voler essere completamente concentrati ed ignorare gli altri è un atteggiamento completamente stupido. Lo spirito che non dimora su nulla è lo spirito che non è disturbato, è ritornare alla condizione normale, non essere disturbati.
 
Hyakujo conclude: "Coloro che realizzano questo spirito senza dimora, hanno lo spirito del Buddha". Si può dire anche lo spirito di un vero monaco, che è allo stesso tempo senza dimora, shukke e fluido come le nuvole e l'acqua, completamente libero. 

Domenica 5 settembre 1999, kusen delle 7:00

Durante zazen continuate a concentrarvi bene sulla vostra postura. Tendete bene le reni, la colonna vertebrale, la nuca e rientrate il mento. Rilassate bene le spalle, il ventre, inspirate ed espirate profondamente e non seguite i vostri pensieri.
 
Quando si pratica così, lo spirito ordinario si mette a funzionare come uno specchio. Quando non tratteniamo alcun pensiero, quando lo spirito non stagna su nulla, allora si può percepire direttamente tutto, si può realizzare uno spirito che non dimora su nulla, uno spirito veramente libero. Se ci si attacca a questa liberazione, se si crede di averla realizzata, immediatamente, lo spirito ricade in qualche cosa di limitato, in un piccolo attaccamento che immaginiamo essere la realizzazione.

Ieri, quando una persona mi ha chiesto nel mondo se avevo già incontrato qualcuno liberato, immediatamente volevo rispondergli: "voi stessi", perché è l'ultima verità. In fondo tutto il mondo è già completamente liberato.
 
Se ci si attacca ai propri pensieri si diventa arroganti, così è molto meglio continuare a praticare ed a rischiarare le nostre illusioni a partire dallo spirito che non dimora su nulla, neanche sulla liberazione. E' per questo che il Buddha raccomandava ai suoi discepoli di fare attenzione alle loro illusioni, includendo l'idea illusoria di essersene liberati. Ed è per questo che il Maestro Deshimaru calligrafava sui kyosaku "makumozo": non fatevi illusioni. Non illudetevi sulla vostra pratica e sulla vostra realizzazione. Se si continua a praticare con questa condizione di spirito, allora si può restare umili. Evidentemente se si crede di aver realizzato l'umiltà, si diventa semplicemente orgogliosi.
 
Così, quel che è meglio fare è seguire l'ultima raccomandazione del Maestro Deshimaru di continuare eternamente zazen, perché solo zazen è l'autentica liberazione, solo zazen è l'autentica umiltà. Tutto quel che possiamo fare è di avvicinare il nostro ego alla dimensione di zazen, al di là del nostro ego, al di là di tutte le nostre illusioni.
 
E' tutto ciò che vi auguro di continuare.

Traduzione: Maresa Di Noto